Tripoli
Chiamata Tarabulus in arabo
e Oea nell'antichità, Tripoli è di
fatto la capitale della Libia, anche se negli ultimi anni si è tentato
di trasferire alcuni uffici governativi in altre zone del paese.
L'antica
'bianca sposa del Mediterraneo' ha perso gran parte
dell'originario splendore, che si ritrova in parte nelle molte moschee storiche
e nella medina. Nell'architettura della città
rimangono i segni del dominio ottomano e della colonizzazione italiana; mancano
invece i cartelloni pubblicitari e le invadenti insegne tipici delle grandi
città, perché banditi dalla rivoluzione di Gheddafi.
L'edificio dominante di Tripoli è il Castello Rosso,
Assai al-Hamra, sul promontorio settentrionale che un
tempo dava sul Mediterraneo, dal quale ora è separato da un'autostrada e da
Sulla Piazza Verde, di fianco al castello, si trova
il Museo della Jamahiriya, una struttura realizzata
con la consulenza dell'UNESCO e la cui costruzione ha avuto costi enormi.
All'interno sono esposti, secondo una disposizione
cronologica, opere e oggetti che ripercorrono la storia artistica e
culturale della Libia, dalla preistoria alla rivoluzione. La parte più
interessante è quella dedicata ai mosaici, alle statue e ai manufatti dell'età
classica, che costituiscono una delle migliori collezioni del Mediterraneo.
Il
cuore di Tripoli è la medina, il posto migliore di
tutta
Sabratha
Appena superato il confine che divide
che ne carpirono l'anima e purtroppo non riuscì più a
riprendersi se non durante il periodo bizantino (troppo breve), caratterizzato
da numerosi restauri alle antiche mura e ai monumenti. Oggi la zona archeologica
è quasi totalmente tornata alla luce grazie soprattutto al paziente e meticoloso
lavoro degli italiani, che le hanno ridato in parte la vita. Archi, colonne,
capitelli, mosaici sono stati liberati dall'abbraccio silenzioso della sabbia e
del tempo, ora possiamo di nuovo ammirare i capolavori scultorei e renderci
conto di cosa erano capaci gli artisti di quel tempo.
Subito
all'ingresso c'è il museo con alcune vetrine adorne di oggetti funerari,
vasellame e monete, quindi alcune sculture e pitture parietali provenienti da
alcune case patrizie, e gli immancabili mosaici. Ve ne sono alcuni anche
all'esterno. Dal viale alberato si oltrepassa la porta bizantina che conduce ai
resti del tempio antoniniano che ha di fronte la
basilica cristiana del foro. Attraverso una bella via pavimentata si giunge al
foro dove era concentrata la vita pubblica della città. Poco distante il tempio
di Giove, di età augustea con la basilica cristiana giustinianea costruita da Giustiniano aveva tre navate
laterali con colonne e, al centro, un maestoso pavimento in mosaico (visibile
nel museo).
Da qui in avanti si possono osservare le abitazioni,
o quello che resta, di un quartiere su cui spiccano sul
pavimento alcuni interessanti mosaici, che la luce del tramonto rende
ancora più belli. Certo che lo sfondo del mare mediterraneo, e il blu del cielo
contrastano efficacemente con le rovine ingentilite da colonne e statue.
Sicuramente il monumento meglio conservato e che ha fatto la fortuna di Sabratha è il teatro romano. Da qualsiasi punto ci si trovi
tra gli scavi, se ne intravede l’imponente sagoma. La sua costruzione non è
molto chiara, ma gli studiosi pensano che sia tra la fine del II sec., e l’inizio del III sec.. Dobbiamo proprio ringraziare i
nostri archeologi che con molta pazienza lo hanno ricostruito con migliaia di
reperti sparsi da più parti, o sotterrati dalla sabbia e dall’incuria del
tempo. La parte meglio conservata e che salta subito all’occhio del visitatore
è la scena, ricomposta con i frammenti originali, ed è suddivisa su tre piani
con colonne marmoree sovrapposte, che conferiscono a questo capolavoro un
aspetto sublime e al tempo stesso di forza. Undici scalinate hanno una capienza
di 5.ooo posti!!! Il pulpito ha una serie di
decorazioni in bassorilievo rappresentanti divinità, scene storiche e teatrali,
ed una serie di nicchie rettangolari e semicircolari. In quella centrale troviamo
la dea Roma con elmo e scudo e vestita da amazzone, con al
fianco un’altra divinità rappresentante Sabratha.
Poco distante si trova l’anfiteatro con l’arena dove un tempo i gladiatori
affrontavano le belve feroci combattendo fino a morire. Ben visibili i corridoi
sotterranei che venivano usati per far entrare le
belve nell’arena.
LEPTIS MAGNA
La città di Leptis Magna nacque come porto fenicio mille anni a. C. grazie alla posizione geografica molto favorevole: facilità
di accesso dal mare e possibilità di approdo per la presenza del Wadi (fiume) Lebdan. La sua
storia più recente iniziò intorno al sesto secolo a.
C. quando la presenza dei Cartaginesi fu necessaria per respingere i Greci
presenti a Cirene.
Quest' alleanza durò anche durante le due guerre
puniche contro i romani, ma dopo le vittorie di Annibale
vennero le sconfitte ad opera di Publio Cornelio
Scipione detto l' Africano che, dopo avere attaccato Cartagine
impose ai cartaginesi condizioni durissime. Nel
GLI SCAVI
Leptis Magna rimase sommersa nella sabbia per centinaia di
anni e solamente agli inizi del ventesimo secolo si iniziarono i primi sondaggi
per cercare di capire quali potessero essere le zone
più interessanti; successivamente iniziò lo scavo per rimuovere le dune di
sabbia cercando di scoprire per prima cosa le strade.
Arco Settimio
Severo
L'arco
di Settimio Severo permise l'individuazione dei due
assi viari e, in poco tempo, si sgombrò la strada fino al mare.
Teatro
Tra i suoi monumenti più notevoli vi sono il Teatro,
il Mercato (inizio del I secolo d.C.),
le Terme
adrianee (II
secolo d.C.), l'Arco dei Severi
il Nuovo
Foro severiano
(inizio del III secolo d.C.).